Sperimentazione e ricerca

La viticoltura e la produzione di vino, anche se vecchie di millenni, non smettono di essere ambiti sempre da esplorare e da capire.  Nel nostro lavoro non esistano punti di arrivo, ma si impara e si evolve sempre perché abbiamo a che fare con organismi viventi, in stretta relazione col loro ambiente, sottoposti ai cambi continui delle annate, oltre che a quelli più ampi del cambio climatico.

Per questi motivi portiamo avanti da sempre una ricerca sia interna e in collaborazione con Università e Centri di Ricerca, per migliorare sempre più lo sviluppo della viticoltura sostenibile e migliorare la nostra produzione. La ricerca nel nostro ambito non è semplice, perché la raccolta dell’uva avviene una sola volta all’anno. Si deve quindi spalmare su periodi anche molto lunghi per avere risposte.

In vigna abbiamo numerose varietà sperimentali, utili a capire come possano adattarsi al nostro ambiente e ai mutamenti climatici. Sono varietà di zone aride e mediterranee. Stiamo anche sperimentando nuovi portinnesti più resistenti alle condizioni di maggiore siccità, in abbinamento alle varietà principali del nostro territorio. Inoltre, stiamo studiando anche la risposta al nostro ambiente di alcune varietà resistenti …  La sperimentazione in vigna si traduce poi in una serie complessa di micro-vinificazioni, per seguire la trasformazione in vino delle uve e capirne le potenzialità.


In cantina: produzione artigianale di qualità

Non esiste una ricetta precostituita nella produzione artigianale: la bellezza e la difficoltà di questo lavoro stanno proprio nel capire come le modalità di vinificazione cambiano ogni anno e fra le diverse partite. Ogni decisione deriva dall’assaggio, affiancato da analisi, che rimane insostituibile per cogliere gli equilibri complessi che sono alla base di un grande vino.

Ogni passaggio della vinificazione e dell’invecchiamento deve essere fatto con estrema cura e competenza ma secondo noi dovrebbe influire il meno possibile sulle caratteristiche del vino. Il suo carattere rimane unico se dipende essenzialmente dall’uva e, quindi, dal territorio. Questo è possibile però solo se si è fatto prima un ottimo lavoro in vigna.

Solo partendo da grandi uve (equilibrate, sane, raccolte nel momento ottimale della maturazione e selezionate) è possibile fare un lavoro di cantina che esalti le caratteristiche territoriali, evitando l’utilizzo di interventi chimico-fisici che ne alterino la natura. Sempre in quest’ottica, abbiamo scelto vasi vinari e strumenti di cantina fra quelli più neutri, che influiscono il meno possibile sulle caratteristiche del vino, come ad esempio le botti non nuove.

Le uve sono vinificate in piccole partite separate, provenienti da micro-zone di vigneti con caratteristiche omogenee. Ogni partita è seguita così con estrema cura e nel modo più opportuno per essa. Alcune partite sono mono-varietali. Altre sono frutto di un accurato studio delle sinergie uniche che si sviluppano dalla co-fermentazione di più varietà.

Sul vino finito verifichiamo con analisi l’assenza di qualsiasi residuo non voluto.

Alcuni concetti chiave:

L’uva, dopo essere stata raccolta e selezionata arriva in cantina, in quella che in Toscana una volta era detta tinaia.  Per produrre vini rossi, si usa una diraspa-pigiatrice, che toglie i raspi e schiaccia pochissimo gli acini. Gli acini quasi integri, col succo, sono spostati in una vasca di fermentazione. Per produrre vini bianchi, dopo la diraspatura, gli acini sono pressati in modo molto soffice.

La produzione del vino bianco è molto più delicata del rosso, perché si altera molto più facilmente. Il mosto deve essere pulito dai resti vegetali e lo facciamo per precipitazione naturale dei torbidi, lasciandolo al fresco per una notte. Dopo di che, il mosto viene trasferito in una nuova vasca, senza smuovere il fondo.

Il nostro lavoro è agevolare la fermentazione alcolica facendo sì che si svolga nelle migliori condizioni possibili, garantendo un andamento il più possibile lento e regolare. Nelle prime fasi della fermentazione cerchiamo di preservare al massimo l’alta biodiversità degli organismi fermentatori, che favorisce la nascita di vini complessi. Quando serve, vengono fatti dei brevi passaggi del vino all’aria, per dare ossigeno ai lieviti. La fermentazione dura in media una settimana o poco più e si esaurisce da sola.

Lavoriamo per partite separate di particelle omogenee di vigna. Alcune comprendono una sola varietà. Altre, vengono da vigne più complesse, dove abbiamo recuperato la tradizione dell’uvaggio di campo. In questo caso, la tradizione era di fermentare insieme più varietà. Il risultato non è lo stesso: nella co-fermentazione si sviluppa un effetto sinergico che origina aromi e gusti unici. La co-fermentazione è possibile per partite di uve che hanno momenti di maturazione simili.

Nella produzione di vini rossi, contemporaneamente e dopo la fermentazione, avviene la macerazione delle bucce. Queste, stando a bagno nel mosto/vino, rilasciano gradatamente colore, aromi, precursori aromatici e tannini. La durata della macerazione dipende molto dal tipo di uva, di vino che si vuole ottenere, se più giovane o più invecchiato. Non è standard nella produzione artigianale neppure tutti gli anni e per le diverse particelle di vigna.

Le bucce tendono a formare una massa compatta (il «cappello») che galleggia sul vino, che limita la macerazione e che può diventare terreno fertile per microorganismi sfavorevoli o altri problemi. Per evitarlo, è necessario mescolare delicatamente tale massa, con frequenza diversa per varietà, annata e tipologia di vino. Per le vasche piccole facciamo le follature, cioè mescoliamo con un lungo bastone dall’alto. In vasche un po’ più grandi facciamo i rimontaggi manuali, con l’aiuto di un tubo e la spinta delicata di una pompa.

È il processo che pone fine alla macerazione per i vini rossi. La decisione del momento non è di facile interpretazione per un vino artigiano di alta qualità. Si decide con la valutazione gustativa dei tannini, fatta da una persona esperta e che ha ben in mente la direzione da prendere. Per fare la svinatura, non si mescola più e si lascia compattare il cappello nella parte alta della vasca. Il vino viene tolto lentamente dal basso. Le vinacce sono poi pressate molto delicatamente per recuperare la parte di vino di qualità che ancora contengono. Poi vengono inviate alla distilleria per la produzione della grappa.

Nel vino può essere presente l’acido malico, un composto dell’uva che può essere fermentato dai batteri lattici, dando luogo a quella che veniva chiamata una volta la “seconda fermentazione”. L’acido malico ha un’acidità molto dura. È massimo nell’uva acerba e tende diminuire nel corso della maturazione, in dipendenza dal clima. Nell’ambiente mediterraneo come il nostro, il caldo tende a farlo degradare quasi completamente, per cui è in genere assente nelle uve mature. Nei climi freddi invece permane e la fermentazione malo-lattica ne smussa l’acidità, oltre che dare note aromatiche particolari.

Al termine della fermentazione, i nostri vini bianchi rimangono nelle vasche ad affinare sulle fecce fini (i resti dei lieviti), con frequenti rimescolamenti. Questo affinamento arricchisce i vini di note evolute e li rende più complessi. Dura circa 4 mesi per il vino giovane l’Airone, quasi un anno per il Criseo, donandogli anche longevità. Alla fine, il vino è illimpidito per precipitazione spontanea dei torbidi a freddo.

L’affinamento in legno non può però essere affrontato da qualsiasi vino: alla base ci devono essere un territorio e i vitigni adatti, equilibri opportuni delle uve e vinificazioni adeguate. I periodi minimi di affinamento sono stabiliti dal Disciplinare di produzione della DOC. I nostri vini rossi rimangono il legno, a seconda della tipologia, dai 4 mesi ai 2 anni. Usiamo botti piccole (225 e 500 litri), non nuove. Il legno quando è nuovo rilascia in modo intenso dei composti aromatici tipici di legno-vaniglia che non vogliamo che diventino predominanti.

Il legno è un materiale poroso e col tempo una parte di vino può evaporare. L’abbassamento del livello esporrebbe il vino ad alterazioni irreversibili (l’ossidazione). Per contrastare l’evaporazione, le botti sono tenute nella parte più umida della cantina, che in Toscana è chiamata tradizionalmente la bottaia. È necessario comunque un controllo periodico e la colmatura di piccole quantità al bisogno.

Il vino rosso è tradizionalmente invecchiato ancora torbido, con i resti dei lieviti della fermentazione. La permanenza sulla feccia fine ha un effetto positivo sul corpo del vino, la stabilità e la complessità aromatica nel tempo. Questa pratica richiede però molta cura. Siccome la feccia tende a precipitare sul fondo, dobbiamo mescolare ogni singola botte, con un bastone, circa una volta a settimana. Sono anche necessari assaggi periodici, per cogliere per tempo eventuali fenomeni di riduzione indotti dalla feccia che possono alterare il vino in modo irreversibile. Se sono però presi in tempo, si risolvono con un travaso arieggiante.

Nel periodo finale dell’invecchiamento, procediamo ad illimpidire il vino, che non sarà filtrato, con la tecnica tradizionale dei travasi. La botte non viene più rimescolata e il torbido si deposita sul fondo. Allora, delicatamente, togliamo il vino dall’alto e lo portiamo in una nuova botte. I travasi sono ripetuti per circa 6-7 volte o più, a seconda della necessità. Queste tecniche tradizionali possono comportare a volte piccoli depositi in bottiglia, segni di un lavoro artigianale.

Nel corso dell’invecchiamento, ogni botte ha la sua piccola storia evolutiva. Ogni botte contiene il vino di una micro-particella di vigna con una o più varietà. Questi singoli elementi si devono però ricomporre per ottenere il vino finale, in una scelta sapiente che compiamo con attenzione e studio. Il vino finale poi sosta per alcuni mesi in una grande vasca perché si rimescoli naturalmente. È come una nascita, c’è bisogno di tempo: dalle singole unità si forma qualcosa che non è la loro semplice somma, ma l’espressione di una sinergia unica e irripetibile.

Lo zolfo era usato fin dall’antichità per la sua capacità di «pulizia». Riusciamo a metterne il minimo indispensabile, usando uva sana e di qualità e facendo una vinificazione accurata. L’uso dei solfiti nel vino, fra l’altro prodotti in piccola parte anche dal metabolismo dei lieviti, è dovuto alla sua capacità antimicrobica, antiossidante e conservante. La solforosa necessaria viene aggiunta al momento dell’imbottigliamento.

Dopo l’imbottigliamento lasciamo il vino a riposare in bottiglia, in posizione coricata, per un periodo che va dai 3 mesi a qualche anno, a seconda della tipologia. Per un vino semplice, una breve sosta in bottiglia lo «riassesta» dopo lo stress dell’imbottigliamento. Negli affinamenti più lunghi avvengono processi di trasformazione che portano a completare la personalità del vino. Alla fine, riprendiamo le bottiglie, le puliamo, le confezioniamo e sono pronte per voi.


In vigna, uva di qualità e ambiente

Quando si vuole produrre un vino di territorio la gestione ottimale della vigna è la base di tutto.

La vigna è un ecosistema complesso, formato dalle viti più il suolo, il suo intorno naturale e gli esseri viventi che vivono questi spazi. Una gestione rispettosa permette di raggiungere un equilibrio in grado di sviluppare resilienza ed adattabilità e permette di diminuire sempre più gli input esterni. Gli interventi necessari sono fatti con l’esperienza del vignaiolo e con i sistemi col più basso impatto ambientale possibile, alla luce delle attuali conoscenze.

Il lavoro in vigna segue il ciclo naturale della vite ed è fortemente determinato dall’andamento stagionale. I lavori sono tanti ma sono tutti indirizzati a far trovare un equilibrio ottimale ad ogni singola vite. Non è un lavoro semplice, perché, se fatto bene, deve essere differenziato per ogni micro-particella e diverso ogni anno. Richiede di cogliere mutamenti a volte impercettibili, saper prendere le decisioni giuste nel momento giusto, a volte anche rischiando un po’. Essere vignaiolo significa avere la posizione privilegiata di chi vive la vigna tutti i giorni e quindi la conosce a fondo.

Alcuni elementi chiave:

L’impianto è all’origine di una vigna e non dovrebbe essere casuale. È importante fare le scelte più opportune in base alla natura del territorio. Il suolo ed il micro-clima dell’appezzamento condizionano la scelta delle varietà da coltivare, i portinnesti, il tipo di vino che vi può nascere, le distanze fra le viti, … I nostri impianti sono in media molto fitti (circa 8.000 ceppi per ettaro) per mantenere un’ottimale produzione per ogni singola vite.

Viene impostato nei primi anni di crescita delle viti e rimarrà per tutta la vita della vigna. È importante per la qualità dell’uva perché influenza la fisiologia della vite. Deve essere scelto in base alla varietà e alle caratteristiche del proprio territorio. Le nostre viti sono allevate a cordone speronato e guyot (a seconda delle varietà), due sistemi tradizionali che permettono di raggiungere un alto livello di qualità dell’uva e un’ottima gestione dei lavori del vigneto. Nei vigneti storico-didattici abbiamo la vite maritata all’albero, la pergola a tunnel e l’alberello greco.

La gestione del suolo è fondamentale per l’equilibrio della vigna. I vari lavori servono a far sì che il suolo sia vitale e che la vegetazione non crei problemi alle viti. Abbiamo scelto un inerbimento spontaneo della vigna perché favorisce un equilibrio naturale dell’acqua. Nelle stagioni più fresche evita eccessi idrici e nutrizionali, contrasta l’erosione ed i ristagni, mentre in estate, nel nostro clima, l’erba secca spontaneamente. Il prato spontaneo ha un’alta biodiversità e rappresenta un habitat attrattivo per la micro-fauna utile. Ci permette di ridurre gli ingressi nel vigneto, riducendo i consumi di carburante ed evitando problemi di compattamento del suolo. Quando è necessario lavoriamo il suolo e il sovescio dell’erba è un’ottima concimazione delle vigne.

La vite non è una pianta esigente ma deve avere abbastanza nutrimento (i sali minerali) per dare ottima uva. Le necessità variano a seconda del clima, del terreno, della varietà, del portinnesto, dell’andamento stagionale, … Nella nostra vigna l’arricchimento del suolo di materia organica avviene soprattutto dai resti vegetali. Deriva dalla pacciamatura dei resti del taglio dell’erba, dai sarmenti delle potature, dai raspi, … Questi sono triturati in loco e diventano compost che arricchisce il suolo, in particolare, di azoto, calcio e potassio. L’alto indice di biodiversità favorisce la mineralizzazione della sostanza organica e la corretta distribuzione di questi nutrienti. La concimazione minerale viene fatta solo al bisogno e dove serve.

Grazie al nostro clima mediterraneo ben ventilato, in genere abbiamo scarsi problemi di malattie della vite. Ad ogni modo, noi seguiamo i principi della viticoltura integrata, basata prima di tutto sulla lotta biologica, sulla prevenzione agronomica (potature e gestione della chioma adeguate), l’uso minimale e mirato di prodotti di difesa biodegradabili o a basso impatto ambientale. Questa impostazione ci permette di verificare l’assenza di ogni residuo sia nei vini che in vigna.

La biodiversità è favorita dai nostri lavori a basso impatto ambientale, l’inerbimento spontaneo e la contiguità con siepi e boschi. L’alto indice di biodiversità è un elemento importante della lotta biologica. Favorisce l’equilibrio della vigna perché ha un effetto positivo sul riciclo della sostanza organica, le disponibilità nutrizionali della vite, il controllo di malattie e parassiti, la qualità del suolo e il ciclo dell’acqua.

Fra i tanti lavori necessari ad indirizzare la vite ad un equilibrio armonioso, il primo è la potatura. In inverno, quando la vite è a riposo, si tagliano i tralci dell’anno passato, lasciando un certo numero di gemme per l’anno seguente, da valutare attentamente. Un numero troppo alto causerebbe un eccesso di uva prodotta. Un taglio troppo drastico indurrebbe una crescita troppo vigorosa delle parti verdi, sottraendo energia alla maturazione dei grappoli. Il taglio va valutato pianta per pianta e può essere fatto solo a mano da persone molto esperte.

Si tratta di un serie di lavori fatti dalla primavera in poi sui germogli, per dare il giusto equilibrio alla chioma della vite, cioè la massa delle foglie. La chioma è importantissima perché rappresenta la capacità della vite di assorbire la luce solare ed usarla per la propria crescita, produzione e maturazione dell’uva. Nello stesso tempo però consuma parte delle risorse della pianta, per cui non deve essere eccessiva. Il suo equilibrio ottimale è diverso a seconda delle condizioni ambientali.  Influisce anche l’orientamento dei tralci, che è legato alla forma di allevamento.

La vite crescendo tende ad allungare di continuo i tralci (si parla di «dominanza apicale»). Col tempo però le foglie alla base invecchiano e non sono più così efficienti nel loro lavoro di fotosintesi. La cimatura, cioè il taglio della punta dei tralci, serve per contenerne la crescita ma anche per stimolare le gemme laterali. Queste formano nuove foglie, giovani e molto efficienti, in grado di fornire nuova energia alla pianta in estate, nel momento della maturazione dell’uva. Quando e come farlo dipende dalla vigna, dalle varietà e dall’andamento dell’annata.

La qualità dell’uva dipende molto dal numero dei grappoli che ogni pianta porta a maturazione. È una scelta da valutare attentamente. Cambia con la varietà, il tipo di vino, l’ambiente, l’annata, la particella, … Per la qualità finale dell’uva, è importante che la resa sia contenuta. Tuttavia anche una resa troppo bassa può diventare controproducente in climi e annate molto calde, perché comporta una maturazione troppo veloce, la produzione di uva squilibrata e con alcool eccessivo, … La quantità di uva prodotta viene gestita con molti lavori, compresi eventuali diradamenti dei grappoli.

In un ambiente assolato come il nostro, in genere è preferibile che il grappolo sia ombreggiato dalle foglie. L’eccessiva esposizione al sole intenso provoca scottature che alterano la qualità dell’uva. Invece, in annate particolarmente umide, può essere utile migliorare l’esposizione togliendo alcune foglie intorno al grappolo, per far circolare l’aria ed evitare lo sviluppo di marciumi e muffe.

La scelta del momento della vendemmia è determinante. Sbagliare significa vanificare gli sforzi di tutto l’anno. Il momento ideale di raccolta è diverso per le varietà, per il tipo di vino (giovane, da invecchiamento, …), per ogni micro-zona di vigna, … Quando siamo vicini, seguiamo l’andamento giorno per giorno. La decisione viene da un insieme complesso di valutazioni: l’assaggio dell’uva e le analisi (contenuto in zuccheri, acidità, polifenoli). A questo punto, l’uva di ogni micro-zona omogenea viene raccolta, selezionata e lavorata il più presto possibile, per evitare ogni deterioramento del frutto.


Cos'è il vino sostenibile

“Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” (Gandhi)

Veniamo da una famiglia di vignaioli e l’approccio sostenibile è nato con l’azienda stessa. Da sempre aderiamo al sistema di viticoltura integrata. Nel 2009 abbiamo aderito alla prima certificazione italiana di sostenibilità, chiamata Magis. Dal 2022 è nato lo standard unico nazionale di sostenibilità, la certificazione SQNPI (Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata) a cui aderiamo oggi.

Ma cosa significa tutto questo?

LA CERTIFICAZIONE SQNPI

Fare vino sostenibile significa, in poche parole, lavorare bene ora cercando di preservare le risorse per le generazioni future.

L’idea che le attività umane potessero influenzare negativamente l’ambiente è antica. È stato però negli anni ’60 del Novecento che l’industrializzazione irresponsabile delle campagne ha portato alla nascita di una coscienza ambientalista.

Nacque allora l’idea che era possibile far nascere con la ricerca una nuova agricoltura, capace di rispondere alle esigenze umane, ma più rispettosa per l’ambiente e la salute. Nacque quindi la viticoltura (agricoltura) integrata. La ricerca ha permesso nel tempo un’evoluzione continua delle pratiche, per rendere sempre più basso l’impatto sull’ambiente e sulla salute.

Negli anni ’90 ci fu un salto importante. Nacque il concetto più ampio di sostenibilità agricola, unendo alle pratiche agricole rispettose dell’ambiente anche il concetto dell’economicità della produzione e il rispetto dall’ambito sociale.

Ecco alcuni termini chiave e le nostre scelte:

È l’ambito della sostenibilità che comprende i metodi di lavoro nella gestione della vigna. Si tratta di un sistema che si è evoluto nel tempo, regolamentato dalla Regione, che ammette solo le migliori pratiche, prese dalla tradizione e dalle migliori innovazioni, che abbiano dimostrato l’effettiva efficacia e il più basso impatto ambientale. Bisogna privilegiare sistemi di lotta biologica e di prevenzione. Qualunque intervento deve essere fatto in modo mirato e differenziato: solo dove serve, quando serve e in modo diverso a seconda delle necessità di ogni micro-zona, introducendo sistemi accurati di sorveglianza. Alcune pratiche basilari di viticoltura integrata sono ormai obbligatorie per tutte le aziende viti-vinicole italiane, ma l’adesione completa a questi principi è su base volontaria.

Il grande salto di qualità che ha portato alla nascita della viticoltura integrata è dipeso soprattutto dal grande sviluppo dagli anni ’50 in poi delle conoscenze sulla biologia delle piante e degli organismi patogeni. In particolare, è nata l’ecologia, la scienza che studia i meccanismi di interazione fra le popolazioni animali e vegetali che vivono un certo ambiente. Gli studi hanno evidenziato sempre più l’importanza della gestione della vigna come un ecosistema complesso, un sistema ecologico integrato dove i vari attori intervengono in modo sostanziale nel ciclo dei nutrienti, nell’implementare la qualità del suolo, nel contenimento di parassiti e malattie.

La biodiversità nella vigna ha valore non solo ambientale ma anche agronomico. La ricchezza di flora nella vigna e nei suoi dintorni favorisce la frequentazione del vigneto di micro-fauna utile al contenimento di alcuni parassiti della vite. I microorganismi del suolo (batteri, funghi, micorrize, …) degradano la sostanza organica e mettono a disposizione gli elementi minerali alle radici delle piante. I lombrichi modificano per digestione le comunità di batteri e protozoi del suolo ed operano una selezione positiva sui funghi, migliorano la disponibilità di acqua e di ossigeno lungo il profilo, favoriscono la crescita della flora e le sviluppo di microorganismi agonisti degli aggressori delle radici della vite.

La qualità del suolo è fondamentale per la vitalità e salute delle viti. La gestione intensiva dei vigneti si è rivelata controproducente perché ne peggiora sempre più le caratteristiche e richiede quindi input umani sempre maggiori. Viceversa una copertura ben gestita e un alto indice di biodiversità migliorano nel tempo l’equilibrio della vigna. Interventi a basso impatto tutelano il suolo evitandone il compattamento e l’accumulo di inquinanti nel terreno.

La gestione sostenibile fa sì che la vigna presenti un impatto un ridotto sul paesaggio. Le nostre vigne sono piccole e ben integrate, alternate con siepi, alberi, olivete e boschi. La gestione ecologica le rende dei “corridoi verdi” che possono essere percorsi da piccoli animali che si spostano lungo il territorio e nei boschi circostanti. Una recinzione bassa a larghe maglie protegge le nostre vigne dai cinghiali, ma permette il passaggio di piccola fauna non troppo dannosa. La cantina interrata si mimetizza nel paesaggio.

La vigna in realtà non è esigente in fatto di acqua, sempre che sia coltivata nell’ambiente adatto, con suoli che permettono l’espansione radicale come i nostri. Per gli spazi intorno e sul “tetto verde” della cantina abbiamo scelto di utilizzare specie autoctone che non richiedono irrigazione, come gli ulivi e altre essenze della macchia mediterranea. I lavori di cantina comportano in genere un alto consumo di acqua, soprattutto per la pulizia e l’igiene. Per contenerlo, abbiamo realizzato un sistema di raccolta e riciclo dell’acqua piovana, col risparmio di almeno il 40% dell’acqua dell’acquedotto. Le acquee reflue di cantina sono purificare con un biodigestore.

La cantina interrata consente un risparmiamo di almeno il 70% rispetto ad una pari cantina fuori terra. Mantiene infatti, in modo naturale, temperature ed umidità adatte al vino. Lucernari e pozzi luce ben studiati permettono di illuminare con luce solare le zone di lavoro più vissute. In cantina sono stati scelti corpi illuminanti e macchinari a basso consumo energetico. Il consumo di carburanti è limitato grazie al concetto della viticoltura integrata votata alla diminuzione degli ingressi nel vigneto.

I principi della bioarchitettura, che hanno ispirato la nostra cantina, mettono insieme diversi punti cardine della sostenibilità. Completamente interrata, la struttura si inserisce in modo totalmente rispettoso nel paesaggio. Inoltre la costruzione ipogea permette di non impiegare energia per condizionare la maggior parte degli ambienti interni. Infatti tutto l’anno vi sono temperatura e umidità adeguate. L’illuminazione naturale dei luoghi di maggior lavoro avviene grazie a pozzi di luce accuratamente studiati. Un sistema annesso di raccolta e riciclo dell’acqua piovana preserva le risorse idriche. Infine, le acquee reflue sono purificate con un sistema di biodigestore.

Un’attività è sostenibile anche se è in grado di essere autosufficiente, di garantire quindi un reddito alle persone che vi lavorano e all’indotto. L’agricoltura sostenibile non trascura anche gli aspetti sociali di un’attività: il suo rapporto col territorio, il rispetto per le persone ed il paesaggio, … Comprende anche la preservazione degli aspetti culturali della propria attività, che vanno tramandati e divulgati. Pone grande importanza all’attenzione del rispetto dei diritti e della salute dei lavoratori: la sicurezza sul lavoro, la valorizzazione e la formazione degli stessi.