(“…ma che idea è mascherarsi da fillossera ad una festa di vignaioli?!? Eh!! …onestamente ?)

La vigna è sotto l’assedio costante di tantissimi insetti o acari: molti di questi animali banchetterebbero molto volentieri con i teneri germogli, i fiori o, ancor meglio, con gli acini così dolci! La tignoletta, del post precedente, è un guaio costante, molti altri sono aggressivi solo in modo più saltuario.

Nel passato la difesa della vigna era fatta in modo molto aggressivo, si usavano i fitofarmaci in modo spesso indiscriminato (in grandi quantità, interventi a calendario, prodotti ecotossici e spesso aspecifici, ecc.) La vigna era quasi sterilizzata!

La mentalità è ormai molto cambiata e, per questi parassiti animali saltuari, ormai si interviene solo se c’è reale necessità. Non è necessario che scompaiano del tutto dalla vigna. Basta che rimangano almeno sotto una certa soglia, così che il piccolo danno non crei comunque problemi sostanziali alla qualità e quantità dell’uva.

Il nostro primo lavoro e più importante è la sorveglianza continua delle vigne, per cogliere in tempo eventuali pericoli. Tuttavia il vignaiolo non attende solo passivamente, perchè la viticoltura sostenibile che facciamo, quella integrata, ha la priorità di prevenire piuttosto che curare.

La nascita della viticoltura integrata non ha significato infatti solo usare prodotti diversi rispetto alla difesa tradizionale, ma ha determinato un cambiamento dell’impostazione mentale. Non c’è più il vecchio approccio di vedere la malattia solo nel rapporto di coppia pianta-parassita (o patogeno) e sul cercare qualcosa che uccida quest’ultimo. Grazie soprattutto al progredire delle conoscenze biologiche, si è capito che lo sviluppo di una malattia dipende da un sistema ben più complesso di fattori : il tempo di coesistenza, le condizioni ambientali, la microfauna e flora di contorno). Questi, se gestiti in modo integrato, possono portare a vie più sostenibili di difesa.

La prevenzione è fatta dall’insieme dei lavori della vigna (quelli che noi chiamiamo sistemi agronomici), sfruttando anche gli equilibri dell’ecosistema secondo i principi della lotta biologica.

acaro fitoseide
(nell’immagine c’è un acaro fitoseide, utile a contrastate il ragneto rosso). La lotta biologica è un sistema che si basa sugli studi degli esseri viventi. Si tramanda che in Cina, secoli fa, si usassero le formiche per combattere insetti nocivi degli agrumi. Nell’Ottocento in alcune città europee si combattevano lepidotteri, dannosi per il verde pubblico, con dei coleotteri. I veri studi sulla lotta biolgica sono iniziati alla fine del XIX sec, ma ebbero una battuta d’arresto per via del boom dei fitofarmaci di sintesi. È tornata alla ribalta più tardi, grazie ai grandi progressi della biologia (dagli anni ’50 in poi) e alla nascita dell’agricoltura integrata. Gli studi biologici hanno permesso di conoscere sempre più a fondo gli organismi viventi in gioco, la loro fisiologia, i rapporti fra di essi e il loro ambiente (l’ecologia). Il sistema più noto della lotta biologica è basato sullo “sfruttamento” di animali che possono contenere i parassiti grazie ad un’azione predatoria (se li mangiano!) o antagonista (non li mangiano, ma sono in concorrenza per qualcosa, le prede ad esempio, per cui rendono comunque loro la vita molto difficile). Un altro noto sistema della lotta biologica usato in vigna, di cui ho già parlato per la tignoletta, è la confusione sessuale. Se si trova il modo di “disturbare” i segnali che attirano i partner e li fanno incontrare, si può evitare che essi s’accoppino e proliferino.

Infatti alcuni di questi parassiti (acari soprattutto) possonno essere mantenuti ad un livello di popolazione accettabile grazie alla presenza in vigna di loro predatori naturali (acari fitoseidi, acari stigmeidi e dei coccinellidi). La presenza di questi piccoli aiutanti è possibile però solo se si mantiene un alto livello di biodiversità nella vigna.

Come tutto nella vita, è però una questione d’equilibrio. Ricordiamoci che non stiamo parlando di un ecosistema naturale ma di una vigna, dove l’equilibrio ottimale è finalizzato ad ottenere la migliore uva possibile per la vinificazione, finalità di cui alla Natura importa ben poco.  L’estremo opposto, cioè la scarsa cura della vigna, non è una soluzione. Non mantiene sotto controllo i parassiti e le malattie, i quali possono esplodere in modo incontrollato. Molte infezioni derivano infatti da specie vegetali. La vegetazione troppo folta facilita anche i contagi perchè crea situazioni di umidità e di ristagni. Inoltre i mutamenti di alcune condizioni, sia per cause naturali che per gli interventi umani, possono alterare gli equilibri e far esplodere specie animali marginali. Per tutti questi motivi è così importante il lavoro assiduo del vignaiolo, fatto con sapienza ed esperienza.

La biodiversità è favorita prima di tutto da un lavoro generale in vigna fatto con basso impatto ambientale, come la viticoltura integrata, che non usa fitofarmaci ecotossici, ma privilegia prodotti sostenibili, usati comunque solo quando servono veramente, dati in modo minimale ed altamente controllato.

La permanenza delle microfauna viene anche favorita creando un ambiente attrattivo. Noi abbiamo l’inerbimento naturale, ottimale perchè permette un’alta biodiversità vegetale che garantisce una fioritura a scalare per quasi tutta la bella stagione. Aiuta molto anche il fatto che le vigne abbiano vicine siepi, boschi ed altre colture, come nel nostro caso.

Non basta però dire di avere biodiversità in vigna solo perchè si pensa di usare un metodo di lavoro ottimale. Cardine della viticoltura integrata è sempre il controllo, come già detto, altrimenti si rischiano sempre brutte sorprese. Per questo usiamo sistemi di controllo che permettono, con valutazioni statistiche, di monitorare la biodiversità reale della vigna e quindi l’efficacia (o nel caso il miglioramento) del nostro lavoro.

Noi preferiamo favorire la biodiversità esistente delle nostre vigne. Esistono anche sistemi di lotta biologica che prevedono l’immissione nell’ambiente di predatori specifici, ma è un ambito molto delicato, da studiare attentamente caso per caso. Considerate che introdurre un insetto senza essere sicuri della sua permanenza può diventare molto dispendioso (e inutile). Inoltre se gli insetti introdotti sono specie esotiche, possono alterare gli equilibri ecologici in modo spesso imprevedibile. Non sono soluzioni da prendere troppo alla leggera, sentendosi la coscienza a posto solo perché non si usa un fitofarmaco ma un essere vivente. Errori del passato, come la coccinella arlecchino, dovrebbero insegnare grande cautela anche in questi ambiti.

coccinella arlecchino
La coccinella arlecchino (Harmonia axyridis) è di origine asiatica. È stata introdotta in America ed Europa nel corso del ‘900, nella lotta biologica (non per la vite), per contrastare afidi e cocciniglie. Si è poi diffusa in modo abbastanza incontrollato. Si nutre di un elevato numero di insetti, comprese diverse specie locali utili. La sua presenza sta soppiantando sempre più le coccinelle locali. Non sembra trovare molto di suo gradimento i paesi mediterranei, dove sono segnalate finora apparizioni sporadiche, ma sta imperversando in altre zone d’Europa. In previsione dell’inverno, tende a riunirsi in grossi aggregati che cercano rifugio all’interno delle abitazioni. Il problema è che produce una secrezione (emolinfa) che danneggia muri, arredamenti e quant’altro con grosse macchie maleodoranti. L’emolinfa o la puntura provocano anche reazioni allergiche all’uomo. Soprattutto in California, crea problemi anche alla viticoltura, perché in estate tende ad aggregarsi ed entrare nei grappoli. L’emolinfa emessa altera pesantemente il gusto del vino prodotto.

 

I nostri piccoli predatori spontanei della vigna contengono sotto la soglia di rischio soprattutto gli acari (il ragnetto rosso, il ragnetto giallo, gli eriofidi dell’erinosi, eriofidi dell’acariosi) che possono colpire diverse parti della vite, causando danni importanti  (lo sviluppo stentato dei germogli, la necrosi o caduta delle foglie, possono colpire direttamente anche i grappoli,…)

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Le infestazioni di ragnetto rosso (Panonychus ulmi, specifico della vite, o il Tetranychus urticae, di varie piante da frutto, quello della foto) provocano uno sviluppo stentato dei germogli o foglie necrotiche. I suoi predatori naturali sono gli acari fitoseidi (es. Amblyseius andersoni) e il coccinellide Stethorus punctillum. Il ragnetto giallo (Eotetranychus carpini) può causare problemi in fase di germogliamento, soprattutto nelle primavere fredde e piovose, o più avanti sulle foglie, che poi cadono anticipatamente. Si hanno ripercussioni sul grado zuccherino dell’uva e sulla lignificazione dei tralci. Anche questo acaro viene mantenuto controllato grazie ad acari fitoseidi. Ci sono poi due tipi di eriofidi. Uno causa la malattia detta erinosi (Colomerus vitis). Sono acari molto piccoli, difficili da vedere ad occhio nudo. Si riconoscono dalla presenza come di bolle sporgenti sulla pagina superiore delle foglie. Nella pagina inferiore, sotto alle bolle, si forma una zona di peluria dove si sviluppa l’acaro. Può colpire anche i grappoli. Anche questi sono contenuti dagli acari fitoseidi e anche gli stigmeidi. Questi tengono sotto controllo anche un secondo tipo di eriofide che causa una malattia detta acariosi (Calepitrimerus vitis), la più temuta, che colpisce lo sviluppo dei germogli primaverili. Più tardi, soprattutto in agosto, colpisce le foglie che prendono un colore brunastro.

Le cocciniglie sono invece un esempio al contrario di equilibri alterati. Nel passato, fintanto che si usavano più spesso insetticidi aspecifici contro altre avversità, erano assolutamente marginali. Il progressivo abbandono o riduzione di questi metodi le ha portate alla ribalta. Sono quindi diventate un nuovo problema d’affrontare.

Le cocciniglie (di cui esistono diverse specie) si sviluppano soprattutto in vigneti con fitta vegetazione o comunque in condizioni di ristagni d’umidità e scarso ricircolo d’aria. Causano danni diretti a varie parti della vite (le mangiano) oltre che causano l’ingiallimento delle foglie. I grappoli infestati maturano con difficoltà e sono comunque inadatti alla vinificazione (vanno scartati se si vuole fare vino di qualità).  Producono anche secrezioni zuccherine che richiamano le formiche e le vespe (che danneggiano i grappoli) e possono causare fumaggini (infestazioni di funghi). Possono anche essere vettori di virus (di cui parleremo in seguito).

A Guado al Melo non usiamo insetticidi contro le tignole, cicaline o altri insetti, ma finora non abbiamo mai avuto problemi con le cocciniglie. Teniamo comunque sotto controllo la vigna. Cerchiamo di prevenirne la comparsa con mirati interventi agronomici (evitando le fitte vegetazioni di cui ho già parlato sopra: sfalci periodici dell’erba, pulizia del sottofila, gestione ottimale della chioma, cimature e defogliature alla bisogna). Comunque, se serve, si cerca di combatterle con la lotta biologica.

cocciniglia farinosa
Le più pericolose sono le cosiddette “cocciniglie farinose”, come quella della foto (Planococcus ficus che colpisce solo la vite e il fico, Planococcus citri, molte piante). Sono diffuse un po’ ovunque in Italia, soprattutto al Sud. Si riconoscono soprattutto a seguito della loro migrazione sul grappolo, a fine luglio-agosto, dove formano vistose aggregazioni d’aspetto farinoso. Ostacolano la maturazione, inoltre richiamano con la melata formiche e vespe e favoriscono lo sviluppo di fumaggini. Il P. ficus può anche essere vettore del virus dell’accartocciamento fogliare. La cocciniglia Heliococcus bohemicus è presente più nel centro e nel nord, dove infesta anche altre piante. È simile al Planococcus ma tende a stare più sulla vegetazione e non forma aggregazioni. La pulvinaria della vite (Pulvinaria vitis) è meno pericolosa, causa infestazioni più saltuarie, soprattutto in vigneti abbandonati o famigliari. Le femmine formano sul legno un caratteristico ovisacco di cera bianca. La cocciniglia gobbo-striata (Parthenolecanium corni) attua attacchi molto seri alle parti verdi della pianta, di cui si nutre. La cocciniglia nera della vite (Targonia vitis) infetta il ceppo e i cordoni permanenti. Può essere pericolosa in certi ambienti a clima mite, soprattutto sui giovani tralci. La metcalfa (Metcalfa pruinosa) compie una generazione all’anno ed è fitofaga, produce molta melata che attira vespe che danneggiano i grappoli maturi e causa fumaggine. Si sviluppa soprattutto nelle zone marginali della vigna, vicino a piante che ne favoriscono la presenza come l’acero campestre, la robinia e il sambuco.

 

Alcuni insetti sono ancora più sporadici, ma possono diventare importanti con proliferazioni improvvise.

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Fra i parassiti animali altamente sporadici ricordiamo i nottuidi (Noctua fimbriata): le larve (foto), di notte, possono risalire il tronco e nutrirsi delle gemme e i giovani germogli della vite. La cicalina verde della vite (Empoasca vitis) sverna su piante a foglie persistenti poi si sposta sulla vite. L’adulto si nutre pungendo le nervature delle foglie e causano un danno soprattutto in estate, con necrosi fogliare e abbassamento del grado zuccherino dell’uva. S’insedia soprattutto in situazioni di alta umidità. Alcune varietà sono più suscettibili. La cicalina gialla della vite (Zygina rhamni), meno dannosa di quella verde, si nutre delle cellule del parenchima fogliare, formando macchie decolorate sulle foglie. Prevale al sud. La cicalina bufalo (Stictocephala bisonia) è di origine nord-americana. Si nutre pungendo la vite, causando tipiche “strozzature” sui tralci che ne limitano lo sviluppo. Si combatte, se serve, con la lotta biologica con un imenottero. Il tripide della vite (Drepanothrips reuteri) è un tisanottero, un insettino di pochi millimetri, con un apparato boccale in grado di pungere le cellule vegetali ed aspirarne il contenuto. Agisce soprattutto sui tessuti giovani, per cui è più pericoloso in fase d’accrescimento e nei vigneti giovani. Svolge 3-4 generazioni all’anno. Il vitigno fra i più colpiti è la Malvasia. Il sigaraio (Byctiscus betulae): è un coleottero presente ovunque in Italia. Vive anche su altre piante. Prende il nome dalla caratteristica capacità delle femmine di erodere il peduncolo delle foglie e poi di arrotolarle (come un sigaro) per deporvi dentro le uova. I bostrichi adulti (Sinoxylon sexdentatum, Sinoxylon perforans) si cibano della vite, scavando gallerie soprattutto nei tralci. La lotta è fatta tagliando via i tralci infestati.

imagesIn questa carrellata degli insetti dannosi alla vigna non dobbiamo dimenticare la terribile fillossera, che ha rischiato di distruggere la viticoltura mondiale. Di questo acaro e della sua incredibile storia ho già parlato diffusamente in questo blog (rimando a qui , qui , qui , qui e qui). Per causa sua, la vite europea è ormai coltivata solo come innesto, su radici di viti americane (o meglio, ibridi con viti europee), che sono geneticamente resistenti al parassita. Questa soluzione ha comportato la controparte negativa che le viti innestate hanno una vita breve (circa 25-30 anni) rispetto a quelle integre (dette “franche di piede”) che potevano arrivare ad essere ultracentenarie.

Il problema della fillossera si può dire superato ma il pericolo resta. Gli studiosi tengono sotto controllo la situazione perché si temono mutazioni (già documentate in casi per ora sporadici) che possano renderla aggressiva anche verso gli attuali portinnesti. Sarebbe un nuovo e spaventoso disastro!

Un grosso problema in questo senso è rappresentato dai vigneti rimasti franchi di piede, sia fra quelli abbandonati che quelli mantenuti o creati appositamente (fintanto che riescono a sopravvivere). Queste situazioni, per certi versi affascinanti, rappresentano però seri pericoli perché fungono da incubatori della fillossera. In queste situazioni può facilmente moltiplicarsi, aumentando la probabilità che insorgano nuove mutazioni infauste alla viticoltura.

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In alcune zone d’Italia, fortunatamente non da noi, sta diventando un problema un moscerino della frutta originario del sud-est asiatico, la Drosophila suzuki, introdotto accidentalmente di recente in Europa e negli Stati Uniti. In Europa è stato segnalato per la prima volta nel 2008, in Spagna. In Italia è comparsa in Trentino Alto Adige nel 2009. Attacca un grandissimo numero di specie da frutto fra cui anche l’uva, soprattutto quelle varietà con la buccia più sottile. Le femmine pungono gli acini per deporvi le uova. Le larve si sviluppano e si nutrono della polpa. Le punture diventano anche vie d’ingresso per altre malattie, soprattutto il marciume acido. È molto difficile da sconfiggere perché in un anno svolge tantissime generazioni (da 7 a 13), a seconda dell’andamento stagionale, da febbraio fino a novembre. È più frequente dove le viti sono più vigorose, dove ci sono situazioni di ristagno di umidità, con i grappoli già danneggiati (da grandine, uccelli o altri fattori). Sono più a rischio i vigneti in prossimità di boschi, frutteti o coltivazioni di piccoli frutti, da cui provengono le infestazioni. La presenza è monitorata con trappole, che li attirano con dei succhi di frutta. La difficoltà della lotta contro la Drosophila è legata all’alto numero di cicli che compie in un anno, ma anche perché danneggia l’uva in prossimità della maturazione. Non si sono ancora trovate forme di difesa veramente efficaci. Si stanno facendo prove con delle trappole simili a quelle usate per monitorarlo, messe in numero e frequenza molto più elevata, in modo da intercettare il più possibile l’insetto che proviene dall’esterno della vigna. Per ora in questo modo si riesce ad abbattere la presenza del 50%. Si cerca anche di scoraggiare l’invasione della vigna eliminando attentamente i grappoli danneggiati, che hanno un’azione attrattiva sul moscerino. Infine si stanno facendo prove con reti anti-insetto molto fitte. Al momento rimane però ancora una problematica aperta.

 

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