Michele ed io siamo rimasti stupiti quando abbiamo saputo che il Rute aveva vinto i TreBicchieri. Era andato in finale, come già aveva fatto altre volte, ma non ce lo aspettavamo. Siamo stati  sorpresi che il Gambero Rosso abbia deciso di premiare a Bolgheri non solo i vini di lunghissimo invecchiamento e concentrazione, come i Superiori, ma anche i Rossi. Ne siamo contenti, anche perché non si vive di soli vini importanti, che si bevono solo in occasioni particolari.

Così, dopo l’Atis (il Bolgheri Superiore), Jassarte e Criseo, anche il Rute entra nel gruppo dei nostri vini che ricevono riconoscimenti dalla critica. E lo fa alla grande.  Conferma, ancora una volta, come tutta la nostra gamma sia di grande valore.

Se devo descrivere Rute (rosso in Etrusco) in una parola, direi eleganza. Purtroppo è molto abusata, anche per vini che sono tutt’altro che eleganti. L’eleganza è fatta da aromi fini e complessi, da una giusta concentrazione alleggerita (ma non banalizzata) da una grande freschezza, che si traduce in verticalità gustativa. Rute è un rosso che ha capacità molto buone di invecchiamento, che possono anche arrivare a 10 anni.

Queste caratteristiche nascono dal Genius Loci delle nostre vigne, fra le colline di Bolgheri: un territorio marino e ventoso, mediterraneo, fatto anche di colline con forti escursioni termiche estive fra il giorno e la notte, suoli alluvionali leggeri, profondi e ben drenati.

 

Ad ogni modo, vi dico un trucco da addetto ai lavori: la capacità di un’azienda di lavorare bene non si capisce dai vini più importanti. Quelli sono una piccola nicchia, da curare e coccolare. Vorrei vedere che non siano di qualità, vorrebbe dire che si sono fatti errori veramente grossolani.

La qualità di un’azienda si misura veramente sui vini di base. Se si fanno molto bene anche quelli vuol dire che si è capaci di lavorare bene sempre, dove non è facile e scontato. E con un pizzico d’orgoglio, posso dire che il nostro lavoro artigianale è sempre lo stesso: sappiamo curare con estremo amore tutte le nostre vigne e ogni partita di uva che entra in cantina (Michele dice che qui divento un po’ leziosa, sarà!).

Passare dai vini di grande invecchiamento a quelli più giovani, non dovrebbe significare scadere nella qualità dell’uva o lavorare meno bene. Significa lavorare in modo diverso. In vigna, una volta scelte le particelle più adatte per l’uno o l’altro tipo, significa lavorare al meglio per aiutare le viti a trovare equilibri produttivi diversi, più ristretti per l’uno e un po’ più ampi per l’altro, in modo da avere uve con equilibri e concentrazioni differenti, che sprigioneranno al meglio le loro caratteristiche nel tipo di vino che andranno ad originare. Così sarà in cantina: percorsi diversi, più brevi o più lunghi, ma ugualmente curati.