Pochi giorni fa c’è stata la prima assoluta di una piccola manifestazione locale per la promozione del vino bianco di Bolgheri, chiamata BiancoBolgheri. Ha coinvolto le aziende del territorio, dieci per l’esattezza, quelle che hanno deciso di proporre nella lora gamma produttiva un vino Bianco Bolgheri DOC o Vermentino Bolgheri DOC. L’idea è di ripetere negli anni questo momento di riflessione sui bianchi del territorio, spostandosi ogni volta in una cantina diversa. Sono stati invitati ristoratori toscani, soprattutto locali, che lavorano principalmente con vini bianchi, che quindi già apprezzano quelli del territorio oppure per presentarli a loro. Questo momento è stato ospitato dalla cantina Michele Satta, con un grande lavoro organizzativo di Giacomo Satta e del suo staff che ringraziamo vivamente. La degustazione è stata notevolmente allietata dal pranzo cucinato dallo staff del ristorante la Pineta di Marina di Bibbona dei fratelli Zazzeri. Ringraziamo anche per i loro interventi Divina Vitale, Aldo Fiordelli, Piermario Meletti Cavallari e Michele Satta.

Perchè parlare di vino bianco a Bolgheri, terra per antonomasia di grandi vini rossi? Chi ci conosce, sa già la risposta. Per noi sta tutta nel nostro Criseo Bolgheri DOC Bianco e la sua storia, di cui abbiamo presentato alla degustazione l’annata in corso 2022, l’anteprima del 2023 e, ciliegina sulla torta, l’assaggio di una fantastica vecchia annata, la 2010.
La spiegazione della peculiarità del bianco a Bolgheri si ritrova anche nel nostro Genius Loci (o terroir se preferite), messo in evidenza dagli studi di zonazione viticola. Bolgheri ha condizioni tali che lo rendono particolarmente adatto alla viticoltura, sia per la produzione di notevoli vini rossi che per bianchi eleganti e profumati. Infatti, seppure è un territorio mediterraneo, parliamo di un clima mite, con ottima luminosità e una notevole ventilazione, con le temperature medie annuali più basse della costa toscana. In particolare, vi è una notevole escursione termica fra il giorno e la notte nel periodo di maturazione dell’uva (soprattutto agosto e settembre). Infine, ha suoli prevalentemente sabbiosi, di origine alluvionale o dovuti a depositi eolici, che sono profondi e ben drenati. Tutte queste caratteristiche fanno sì che i vini nascano con una certa potenza sempre controbilanciata da finezza, buona freschezza e una notevole complessità aromatica. Le nostre vigne sono quelle toscane più vicine al mare, per cui subiscono abbondantemente i benefici di questa posizione, che rende il clima molto stabile, ben ventilato e raramente troppo caldo. Cosa significa? Che le annate difficili sono rare e che i rischi fitosanitari sono in genere contenuti. Significa anche, in generale, che ci sono tutti presupposti per la produzione di grandi vini bianchi.
La produzione di vino bianco a Bolgheri comunque non è una novità ma una riscoperta. Vista la predisposizione ottimale del territorio, è una tipologia di vino che nel passato si è sempre prodotta. Abbiamo gli elenchi delle varietà presenti sul territorio nell’Ottocento, comprese le nostre vigne, e ne fanno parte diverse varietà bianche, fra cui le più importanti sono il Vermentino, il Trebbiano toscano, il Canaiolo bianco, la Malvasia bianca e altri. Una grande produzione è documentata ad inizio Novecento. In particolare per Guado al Melo, una parte importante delle nostre vigne (allora chiamata vigna di Santa Maria della tenuta Espinassi Moratti) era dedicata ad esse.
Se avete letto i miei racconti sulla storia del territorio, saprete che purtroppo la grande produzione di questi periodi fu stroncata dalla fillossera, che colpì la nostra zona soprattutto negli anni ’20 del Novecento. Da allora in poi ci fu una diminuzione notevole delle vigne nel territorio, sostituite dall’olivicoltura prima e poi, in minor misura, dalla orti-frutticoltura (dagli anni ’50). Nel secondo dopo-guerra la produzione viti-vinicola ricominciò a risalire, prima timidamente e poi in modo più intenso dagli anni ’80 in avanti. Già negli anni ’60-’70 il bianco aveva ripreso quota a Bolgheri, al punto che la prima DOC del territorio (del 1983) comprendeva il vino Bolgheri Bianco (e il Bolgheri Rosato). Le varietà ammesse erano soprattutto il Vermentino e il Trebbiano toscano. Quella era comunque ancora una fase di transizione e cambiamento su un territorio che, dopo il blocco della fillossera e le profonde trasformazioni socio-economiche locali, doveva ancora trovare una sua conformazione definitiva. Inoltre, quest’area ha anche a lungo patito un pregiudizio radicato al tempo in Toscana, ormai ampiamente smentito, cioè che vicino al mare non potessero nascere grandi vini.
Il successo dei vini rossi travolse tutto il resto, con la trasformazione del Disciplinare DOC del 1994 e gli studi zonazione viticola. I grandi rossi di Bolgheri hanno preso la scena a tal punto da lasciare in secondo piano la produzione del bianco. Comunque il cambio di disciplinare investì anche questa tipologia, con l’apertura a varietà internazionali, come il Sauvignon blanc, lo Chardonnay e altre. Intanto il Trebbiano toscano andava a scomparire nelle vigne, mentre il Vermentino pativa un po’ un ruolo di secondo piano. Dalla fine degli anni ’90 in poi però sempre più produttori, fra cui noi, abbiamo voluto puntare l’attenzione sul Vermentino in quanto varietà locale. Oggi è ormai la varietà più rappresentata, anche se non mancano altri vitigni interessanti.
In particolare, Michele ed io, fin dal nostro arrivo a fine anni ’90, col consiglio di Attilio, volevamo valorizzare ancora di più questa tipologia, allora limitata ad una produzione considerata minore, fatta solo di vini giovani. In particolare, volevamo produrre un grande vino da invecchiamento, capace di evolvere nel tempo. L’idea era di unire al Vermentino altre varietà, adatte al territorio e atte all’invecchiamento, unite nella sinergia unica e antica dell’uvaggio di campo. Questa sinergia si esprime nella co-fermentazione delle varietà, che permette lo sviluppo di un profilo organolettico diverso dal classico taglio di cantina, dopo averle raccolte in un momento studiato per il loro perfetto equilibrio. Ogni varietà gioca un ruolo importante e tutte dialogano fra di loro.
Piantammo così nell’inverno del 1998-1999 la nostra vigna Campo Bianco, con una predominanza del locale Vermentino (circa il 70%). Il resto è composto da un insieme di varietà, Verdicchio, Fianco, Manzoni Bianco e Petit Manseng. Perchè quest’ultima varietà francese? Questa si trova nell’area dei Pirenei atlantici francesi, il Jurançon, dove origina grandi vini da invecchiamento. Il nostro interesse è nato dal fatto che gli studi genetici hanno evidenziato la sua parentela col Vermentino. Le uve raccolte sono selezionate, diraspate e pressate delicatamente insieme, il mosto è pulito per decantazione spontanea a fresco e poi segue la co-fermentazione. Al termine, il vino viene lasciato ad invecchiare sulla feccia fine, con frequenti rimescolamenti, per poco meno di un anno. Infine, riposa per quasi un altro anno in bottiglia. Così è nato Criseo, inizialmente chiamato Guado al Melo Bianco.
Criseo è stata un’aggiunta successiva, per meglio connotarlo, con questa parola evocativa (significa “fatto d’oro”). L’etichetta raffigura due satiri danzanti, con in mano una coppa da vino e uno strumento a sonagli. Non sono lì a caso, ci ricordano un bellissimo mito etrusco-romano. Questo racconta che il dio Bacco ha fatto all’umanità tre doni per consolarci dagli affanni della vita: il vino (naturalmente), la musica e la danza. Qui sono raffigurati tutti e tre.
I primi anni non sono stati facili e ci sono state diverse sperimentazioni, necessarie anche a trovare il momento di raccolta ideale. Ci sono serviti anche per capire a fondo le interazioni complesse della co-fermentazione. Su alcuni aspetti siamo anche tornati indietro. Ad esempio, all’inizio avevamo in vigna anche un poco di Viognier, ma abbiamo preferito toglierlo (lo abbiamo sovrinnestato) perchè troppo coprente e poco integrabile nella “squadra”, con i suoi aromi intensi. Allo stesso modo, avevamo provato per i primi due anni a fermentare ed invecchiare il 15% del mosto in botti non nuove. Abbiamo invece preferito andare sempre più in sottrazione, visto che siamo in un territorio che già dona grande ricchezza. Meglio non esagerare, per mantenere un ottimo bilanciamento fra intensità e finezza.
Non dimentichiamo comunque i nostri colleghi, che hanno partecipato con i loro vini alla degustazione, che con noi valorizzano il Bianco della Denominazione: Giorgio Meletti Cavallari, Grattamacco, Caccia al Piano, Campo alle Comete, Argentiera, Terre del Marchesato, Poggio al Tesoro, Donna Olimpia e, naturalmente il padrone di casa, Michele Satta.